Dissonanze

Faccio fatica a ricomporre i pezzi di giornate come questa ma provo un gran bisogno di farlo; il perché lo scoprirò dopo aver finito di scrivere. Forse. Scorrendo i fotogrammi delle ultime ore, in perfetto stile Steve Jobs, sarò in grado di unire i puntini e vedere il disegno che viene fuori. Col senno di poi, in pratica.
Spesso, però, il disegno non c’è. Sei tu (sono io) a volerlo vedere come quando si osservano le nuvole presumendo, a tutti i costi, di trovare a cosa assomiglino. Pre-sumendo_ pre-sunzione. A volte, il bisogno di dare un senso alle cose supera la loro incapacità di averne uno. Ma tant’è.

Ho rivisto il pozzo su cui mio padre mi immortalò assieme a un gatto quando avevo quattro anni o forse cinque, non lo so (a giudicare dalla postura del mio braccio mentre cerco di abbracciarlo, potrei anche averne tre). Ho rivisto l’albero di citronella che non c’è più, l’eritrina spezzata, le palme centenarie uccise dal punteruolo rosso. Ho raccolto alloro, rosmarino e salvia da piante trascurate e, forse per questo, rigogliose più che mai. Ne sento ancora il profumo sulle mani malgrado le abbia lavate, una volta a casa; neanche l’essenza della migliore erba psicotropa in circolazione è capace di tale sopravvivenza.
Ho trattenuto lacrime, trovato nidi abbandonati e smoking oro usate come post-it che urlavano “NEL MIO CUORE. X L’INFINITO”.
Ho riso, ho digiunato, acceso sigarette, ricevuto complimenti per i miei occhi. Ho piantato un ramo di spinasanta nel mio giardino mentre i gatti la annusavano curiosi.
Ho cercato un senso e lo cerco ancora.
Pre-suntuosamente.

18 pensieri riguardo “Dissonanze

  1. Io ho scoperto che a lasciar andare le lacrime, il senso non lo si trova comunque, ma poi sto decisamente meglio e lo sguardo diventa colmo di aspettative…
    Meraviglioso cuore quello che vede e sente e trova il senso scrivendone!

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      1. Sincronicità. Ho una strana passione per la Sicilia, da sempre. Ed è in Sicilia, quando per la prima volta andai in vacanza da sola l’anno passato, che è cominciato il “passaggio”. La vita bisogna imparare ad “ascoltarla”.

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    1. incasso questa fantastica buonanotte alle 17.45 e me la conservo per stasera.
      il senso, io continuo a cercarlo oppure provvederò a darne uno io; così, “d’ufficio”, tanto per sentirne il riposo, ché è di quello che c’è bisogno. 😉

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  2. L’attribuzione di senso… credo che tu abbia colto assolutamente nel segno quando dici: il bisogno di dare un senso alle cose supera la loro incapacità di averne uno. Perchè è del tutto evidente che le cose un senso non ce l’hanno, le cose… accadono. E’ soltanto a posteriori che noi ci affanniamo a rincorrerle per attribuirgliene uno. Di solito lo teniamo in tasca, pronto all’uso. E il più delle volte siamo costretti a deformare l’accaduto fino a fargli assumere la forma esatta del senso che abbiamo già bell’e pronto. Così la verità se ne va con il suo bagaglio fatto di residui, quelli che non siamo riusciti a comprimere abbastanza da farli entrare nel nostro ” a priori ” d’ordinanza.
    Capitato qui su segnalazione di un’amica… ho fatto bene.
    Un saluto

    Roberto

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    1. Ma alla fine che importa , è chiaro che le cose non hanno altro senso che non sia quello di causa-effetto chimico o fisico o che so; il senso è il fatto che un senso lo si vuol dare, il disegno che si vede ci dà indicazioni su noi stessi.
      Il lavoro per smantellare gli ‘a priori d’ordinanza’ , senza il quale le indicazioni su noi stessi sarebbero fasulle, poi, è un altro discorso ancora.
      Che poi anche i nostri ‘a priori’ fan parte del gioco: bisognerebbe riconoscerli.
      😀 E perché quelli e non altri 😀 ?

      Ma in che storie mi faccio tirar dentro all’alba delle otto?!?

      E’ colpa di un nuovo termine che ho imparato: MISE EN ABYME. Forse ci azzecca

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