Io e il Jazz

Qualcuno tra i bloggers mi ha chiesto di parlargli di me, del mio rapporto con il jazz, con Monk e con figure come la Baronessa del jazz.
Ci provo.
Succedono strane coincidenze o forse niente succede per caso, nella vita; o, forse, tutto sta alla nostra abilità di trasformare le cose che ci accadono in momenti di apprendimento, il cui oggetto siamo proprio noi stessi. Probabilmente, tutto a sta a riconoscerci nelle cose che ci accadono, per caso o per destino.
Se sappiamo “cogliere”, allora la vita diventa una grande, grande occasione per scoprire chi e come siamo veramente. E allora, col senno di poi, rivediamo le esperienze passate, quelle che ci hanno portato ad essere come siamo oggi e ci diciamo “ecco, se non mi fosse successa quella cosa, io oggi /sarei stata da un’altra parte / avrei fatto un altro lavoro / avrei avuto una vita diversa / figli diversi / un uomo diverso / etc.etc.; rivisitiamo il nostro passato attribuendo una valenza negativa o positiva ai nostri fatti personali, caricandoli persino di magia (era il mio destino!) o di sano cinismo (che coincidenza!)
Beh, io non so se, quel pomeriggio, io fossi per caso a casa di Z o se mi ci avesse portato il destino. So soltanto che da quello stereo uscì fuori una musica che non avevo mai sentito e che mi risuonava dentro come un’eco; come se, quella musica, io l’avessi già dentro di me, scritta da qualche parte.
Quando penso a quel momento, per associazione d’idee, penso a un diapason che, accostato ad un altro appena percosso, comincia a vibrare anche lui all’unisono, a 440 Hz al secondo. Quello è un la: quel momento ha dato il la alla mia avventura nel jazz.
Sensazione strana e meravigliosa.
Era ‘Round Midnight.

“E’ jazz”, mi disse Z. Fino a quel momento, il jazz era stato per me Frank Sinatra che cantava Strangers in the night; il che non era terrificante, ma piuttosto impreciso..
L’amore che, da sempre, ho avuto per la musica e la passione per il jazz mi hanno portata, nel tempo, a frequentare nuove persone, la maggior parte musicisti; uno di loro ha portato il suo pianoforte a casa mia, sistemandolo dietro una grande vetrata che dà sul mare. E’ proprio lì, dietro quel pianoforte, che è nata l’idea del cd. E l’abbiamo fatto. Ed è venuto fuori un capolavoro.
Mi piaceva che venissero a suonare da me, imparavo da loro un sacco di cose che non conoscevo, sul jazz, sui musicisti e sulla musica stessa. Ho studiato pianoforte per qualche anno, da ragazzina, ma sul campo è tutta un’altra cosa!
Li seguivo nelle serate, per un po’ mi sono occupata di loro anche sotto il profilo strettamente professionale, almeno nel periodo di realizzazione del cd, ho risolto qualche guaio per qualcuno di loro, in più di un’occasione. E’ stato in quel periodo che sono stata ribattezzata col nome di Pannonica, anzi ho appreso dell’esistenza di questa figura meravigliosa proprio allora.

Credo di poter capire cosa l’abbia spinta a fare le scelte che ha fatto. E’ una donna bianca, anzi una Rothschild, una baronessa De Koenigswarter, la moglie di un Signor Diplomatico che gira in Bentley coi neri, che fuma l’erba e che dipinge, una bocca di rosa nell’America perbenista di allora: è proprio il jazz a darti questo senso di libertà, e le emozioni che ne nascono sono la spinta giusta per sfanculare tutto il resto; in fondo, avere il Gotha dei boppers che vengono a fare jam a casa tua, ti ripaga di tutto. Anzi, non te lo poni nemmeno il problema del rapporto costo/beneficio. Lo fai e basta.
Cerco di immaginare quel momento a Parigi quando Mary Lou Williams le presentò Monk; come deve essersi sentita di fronte a quella specie di gigante dall’aspetto burbero e dall’anima profonda, di fronte a “quell’altra metà di un mezzo matto”, come è stato definito da qualcuno.
Capisce la musica e i musicisti, va alla sostanza delle cose, delle persone, della vita stessa; credo sia questo ciò che, in qualche modo, mi avvicina a lei.

Il jazz mi fa sentire viva. Mi fa entrare in contatto con la parte migliore di me e di quello che mi circonda, persone incluse.
Avere a che fare con certi musicisti non è sicuramente facile, sia da un punto di vista professionale che personale. E’ come se la musica avesse invaso tutto il loro essere, risucchiandone totalmente le energie senza lasciare alcuna riserva per il resto della propria persona, se non nella misura in cui questa riserva possa giovare alla loro Musica; per non parlare delle altre persone…
Direi che l’estro artistico, il talento quello vero, vampirizza un po’ l’essere umano che ha il dono, a scapito di tutto il resto: ma è proprio la luce immensa dello stesso genio che ti fa apprezzare anche la sua ombra, e vivergli accanto o averlo in qualche modo nella tua vita, resta comunque un’esperienza unica e appagante, sotto molti punti di vista.
Thelonious ha avuto Nellie e Pannonica ad occuparsi di lui che era “solo” musica. Non credo che l’abbiano fatto perché soffrissero della sindrome della crocerossina, ma perché sono riuscite a guardare oltre e a entrare in contatto con la sua essenza, persino negli ultimi anni della sua vita, quando l’eccentricità aveva ceduto il passo alla follia.
Il jazz ti aiuta a capire che le cose non sono mai o bianche o nere, e che devi guardare oltre, dove ci sono i colori e le sfumature. Ti apre altri occhi, ti insegna che la stessa frase può essere suonata/interpretata/detta in mille modi diversi; le parafrasi dei boppers sulle frasi degli standards delle big bands ne sono l’esempio lampante.
Il fatto che esistano 12 suoni all’interno di un’ottava e che per suonare una nota hai a disposizione altri 11 semitoni per arrivarci, distribuendo gli accenti come meglio credi, per me non è solo un fatto riguardante la musica, ma uno stile di vita vero e proprio. Non riesco a spiegarmi meglio.
Monk è Monk anche negli standards che sceglie di arrangiare, non soltanto nelle sue composizioni.
Sento magia nella sua musica, sia in quella scritta da lui che in quella semplicemente reinterpretata (penso a Duke Ellington suonato da Monk, ad esempio): la sento in quelle note suonate senza nessuna articolazione, in quelle dita rigide, in quelle dissonanze di una precisione matematica, nelle sue pause e nei suoi silenzi, nella sua versione di Sophisticated Lady come in Trinkle tinkle, in Ruby, my dear, in Bemsha swing come in Nica’s tempo di Gigi Gryce e…. l’elenco è lungo…
E’ Monk.
E’ Jazz.

(febbraio 2005)

28 pensieri riguardo “Io e il Jazz

  1. Continuo a girare un pò qui e mi imbatto nel jazz… mia grande passione. Ho avuto il privilegio ( e l’età… ) di suonare in quei fumosi night club del nord Europa, alla fine degli anni sessanta, quelli che ormai si vedono solo nei vecchi film… e lì si suonava maggiormente il jazz. Poi sono venute le grandi manifestazioni e, essendo umbro di adozione, non ho mai perso un appuntamento con Umbria Jazz, sin dal primo concerto ( gratuito! ) di Keith Jarrett.
    Hai ragione, il jazz è… jazz.
    Grazie

    Roberto

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  2. suono anche io.
    La chitarra.
    O meglio strimpello che è diverso. Il jazz mi ha sempre confuso. Perchè sono ignorante e come tutti gli ignorante sono spesso amante del pane e salame: il rock e il blues.
    Però mi sono avvicinato alla musica classica e ho capito che se guidato potrei anche arrivare a capire cose che al momento sono fuori del mio emisfero.
    Mi piacerebbe tu mi aiutassi.

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    1. per il momento, puoi ascoltare un po’ di jazz nel player che trovi alla pagina “musica” del blog (il mio player personale hanno pensato bene di cancellarmelo..). poi.. è un po’ un casino, in realtà.. perché jazz è voce del verbo “amare” e non “capire”. quindi c’è ben poco da capire (e da spiegare), c’è solo da lasciarsi andare.
      lasciamici pensare, intanto, da bravo MASTICONE quale sei, mastica un po’ di jazz nel webplayer che ti ho indicato. 🙂

      e potresti anche leggere questo libro !

      ok, credo di averti già lasciato abbastanza compiti. 😉

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  3. Condivido in pieno questo tuo post, JazzBaroness… il Jazz è davvero uno stile di vita, una musica che non è mai uguale a se stessa e che sfugge ad ogni definizione, un po’ come le particelle quantiche per le quali non è possibile stabilire velocità e posizione contemporaneamente.

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  4. Mi piace molto il jazz perché mi fa vagare con la mente e col cuore.
    In effetti, per me la musica è solo un “sentire” col cuore. Non ho gli strumenti tecnici per capirla.
    Ci vado “di pancia”, ecco.
    Bello quello che hai scritto 🙂 Veramente bello 🙂

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  5. A proposito di destino, ora che ci ripenso mi sa che noi ci incontrammo già, anni fa, in altri lidi virtuali:e precisamente su Splinder. Al tempo avevo un blog che avevo chiamato La sala da thé, mi pare di ricordarti…
    … il jazz è qualcosa che tecnicamente e concretamente capisco e so raccontare poco, ma che ha una forte risonanza in me. Perciò nel mio modo al solito impacciato e limitato sento di essere un po’ a casa mia, anche qua.
    Ciao!

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    1. Eri tu quella Cecilia lì? Non avevo collegato ma ricordo bene il tuo blog. In realtà, proprio ieri ho fatto un giro sul mio vecchio blog Splinder (archiviato pari pari su un’altra piattaforma prima della diaspora splinderiana!) e rileggendo un mio post del 2010 su Elsa Morante ho trovato un tuo commento e il link al tuo blog su WordPress (ma ti firmavi in un altro modo…).
      In ogni caso sono contenta di averti ritrovata… Effettivamente la chiusura di Splinder ci ha “esplosi” in giro per il webiverso; è stata la fine di qualcosa ma è stato anche l’inizio di qualcos’altro… l’ennesimo big bang, insomma.
      Tu qui sei a casa tua, ovviamente. Come sempre!

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  6. Sì, proprio quella lì!
    Mi sa che all’epoca usavo ancora l’alias Ever.
    In ogni caso eccomi.

    Ho tentato, all’inizio, di tenere insieme tutto e raccogliere i nomi, i titoli dei blog di chi seguivo o volevo riscoprire, ma poi la vita ti sommerge, e soprattutto molti di noi – io per prima – hanno còlto l’occasione per reinventarsi.

    Elsa Morante… ma pensa!

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  7. Condivido in pieno il tuo pensiero anche se il mio target di tutta la vita è il Rock Progressivo. Il Jazz mi piace ma dopo un pò faccio fatica… Anche se il Grande Keith Jarrett mi tiene incollato al divano !
    Complimenti per il tuo Blog ! Elegante, sincero, semplice, accogliente !

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  8. Per 43 anni il jazz per me era Blues e Dixieland. Poi un amico mi prestò un LP, compilation di Miles Davis. Folgorato sulla via di ..Conegliano, non ho ascoltato altri che M.D. per anni, quasi sino alla nausea. E’ allora che ho scoperto i Grandi, sino ai giorni nostri (ma nel frattempo ho ripreso Miles “il primo amore non si scorda mai”), con i moderni Esbjorn Svensson Trio, Avishai Cohen, K.Bjornstad, Nils Petter Molvaer ed altri “Nordici”, Ibrahim Maalouf, e via..
    Sulla vetta/la mia vetta, insieme con Miles, Thelonious Monk. Credo il musicista jazz più sintetico della Storia. Per qualsiasi pezzo, di quelli suonati da tanti altri, lui sapeva usare il minor numero di note, senza perdere nulla della potenza espressiva, anzi!

    Ecco, questo é il mio pensiero sul Jazz.

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